E tre. Il teatro Brancati di Catania prosegue col vento in poppa la propria attività. Dopo il distante (ma sempre attuale) Molière, un lungo balzo ci conduce al presente, o quasi, in quella dolorosa Jugoslavia lacerata da lunghe guerre fratricide negli anni Novanta del secolo scorso, tra Serbia, Croazia, Kosovo, Slovenia. Luoghi ed eventi ampiamente frequentati e ‘vissuti’ dallo scrittore triestino Paolo Rumiz, anche come inviato di guerra della Repubblica e che fanno da sfondo al suo romanzo ‘La cotogna di Istanbul’, pubblicato nel 2015, nel quale viene descritta la struggente storia d’amore tra l’ingegnere austriaco Maximilian e la misteriosa bosniaca Maŝa, dall’occhio tartaro e i lunghi femori, austera e selvaggia, vedova e divorziata con due figlie che vivono lontano. Dal romanzo di Rumiz, il cui eloquente sottotitolo è ‘Ballata per tre uomini e una donna’, Alberto Bassetti ha ricavato liberamente una piece teatrale di grande impatto emotivo, diretta dal regista Alessio Pizzech che si è avvalso di una straordinaria coppia di attori, Maddalena Crippa e Maximilian Nisi, affiancati da Adriano Giraldi e Mario Incudine. Quest’ultimo, presente in scena come attore, cantante e polistrumentista, ha eseguito dal vivo le musiche appositamente composte, nel genere cantastorie che gli è proprio.
La storia d’amore che scaturisce in questo contesto è quanto di più struggente e passionale si possa immaginare, a dispetto di un possibile ‘scontro di civiltà’ (tra occidente e islam) che viene anzi completamente annullato, anzi compenetrato nel tessuto emotivo tra i due amanti.
La rielaborazione drammaturgica di Bassetti, resa viva dalla regia di Alessio Pizzech, si svolge su due piani paralleli, quello del ricordo e del racconto (ne sono protagonisti Adriano Giraldi, che rammenta la storia di Max e Mario Incudine, nei panni del ‘cuntista’ della ballata) e quello vivo dell’amore vissuto dai due protagonisti, dal loro primo catturante incontro fino a quello nuovo, dopo tre anni di lontananza, con una Maŝa ormai devastata dal cancro e prossima alla morte. Il filo che li unisce è il canto ammaliante di quest’ultima sulle note della gialla cotogna di Istanbul, lo struggente canto del distacco con cui Maŝa aveva conquistato Max fin dal loro primo incontro. Un amore gustato fino all’ultima goccia in un frenetico attaccarsi alla vita tra viaggi in Europa, canti, danze (assai suggestiva la scena in cui la donna balla il sirtaki) nella vana speranza di allontanare il distacco finale. Dopo la morte di lei, Max le sopravvive ancora un po’ in un disperato ‘annegarsi’ tra viaggi da novello migrante…
L’interpretazione della Crippa coinvolge ina maniera assoluta e strepitosa, nel suo concedersi tra le braccia dell’amante, nella sua danza sinuosa, nel suo canto evocativo e pieno di mistero. Non gli è da meno Maximilian Nisi, appassionato e disperato amante annullatosi nell’esistenza di lei fino al completo annientamento.
Le spoglie scene (e i costumi) di Andrea Stanisci fanno da essenziale sfondo alla vicenda, con il disegno luci di Eva Bruno. Produzione La Contrada – Teatro Stabile di Trieste, Arca Azzurra.
Uno spettacolo da seguire tutto d’un fiato, naturalmente senza interruzioni, assai apprezzato dal pubblico e applaudito a scena aperta.