Una serata di musica ed impegno civile per la stagione di concerti 2022/23 del Teatro Massimo Bellini. Per la sezione ‘ Il teatro musicale in concerto’ è stato eseguito il dramma lirico in un atto “Sub Tutela Dei. Per il giudice Livatino” con le musiche di Matteo Musumeci ed il libretto del giurista e scrittore Vincenzo Vitale. L’opera, eseguita in forma di oratorio, è alla sua seconda esecuzione dal vivo ma per la prima volta con accesso al pubblico, dal momento che la prima assoluta avvenne il 9 maggio del 2021 (in piena pandemia) in un Teatro a porte chiuse, lo stesso giorno della beatificazione del giudice nella cattedrale di Agrigento (la città nei pressi della quale il giudice venne raggiunto dai sicari), sempre in forma oratoriale. Ripresa da Classica HD venne poi trasmessa in differita su Sky e Tvsat2000. Per il pubblico di abbonati e non si è trattato quindi di una vera e propria ’prima’ anche se abbiamo potuto constatare (almeno al turno serale) che le presenze in sala e nei palchi sono state veramente pochine. Peccato, perché l’importanza di un di una simile operazione culturale prodotta dal Bellini avrebbe meritato una maggiore visibilità.
Interamente rinnovato è stato il cast, con l’unica eccezione del soprano Francesca Dotto, il quale prevede quattro voci soliste, una voce recitante (che sostituisce la parte immaginata per coro) e un’orchestra sinfonica ‘alleggerita’. Particolarmente importante e significativo, in quest’opera, il libretto che si rivela essere un vero e proprio testo poetico, elegante e raffinato, con il quale Vincenzo Vitale ha voluto mettere a contrasto l’operato del giudice Livatino con quello di un altro giudice. Entrambi si trovano a giudicare due imputati, ma quale diversità, pur nel rispetto delle norme di legge, tra la durezza del secondo giudice che sottolinea di essere ‘la legge, la giustizia, il potere’ e l’operato di Rosario Livatino, profondamente umano e ispirato dalla immarcescibile fede in Dio. Egli ‘giudicava senza giudicare, giudicava i comportamenti, non la persona’.
Quanto alla parte musicale, Matteo Musumeci afferma di essersi fatto guidare dalla parola, che possiede già una sua interna musicalità, e indubbiamente traspare chiaramente dalla completa adesione al testo. L’opera possiede una struttura simmetrica. Dopo un breve preludio strumentale la voce recitante delinea con poetici versi la figura del giudice ‘ragazzino’; Vincenzo Aronica li recita in forma asciutta, essenziale, quasi con distacco; poi una prima scena: è il freddo confronto tra una giudice ed il suo imputato: Musumeci sceglie un linguaggio piuttosto declamatorio che il mezzosoprano Chiara Mogini esprime con un perentorio susseguirsi di note e cellule melodiche quasi ribattute e ripetute nell’affermare ‘io sono la legge’; all’imputato, il baritono Vincenzo Taormina, non resta che subire, senza alcuna empatia. Nella seconda scena è la volta di Livatino di rivolgersi al suo imputato e tutto cambia, anche la musica che si espande sempre più in un melodizzare quasi commosso fino a diventare un vero e proprio duetto (tra il tenore Raffaele Abete, che rappresenta lo stesso giudice, e il soprano Francesca Dotto, l’altra imputata) condotto fino all’acuto, accompagnato da una progressione sonora di grande effetto lirico. Tra la seconda e la terza scena il musicista pone un intermezzo strumentale particolarmente ispirato, quasi un affresco, una colonna sonora che eleva il martirio di Livatino verso la luce eterna.
La conclusione (terza parte) vede riuniti i quattro protagonisti vocali (oltre alla voce recitante/coro) in una sorta di ricapitolazione di cellule tematiche con iterazioni in crescendo all’unisono; un melodizzare come trattenuto da un pudore che anela ad un commosso intimismo, e si chiude con una pacata pace che sembra illuminare la luce interiore del giudice Rosario Livatino.
Dal podio l’accorta direzione di Aldo Sisillo ha governato e cucito i diversi momenti emozionali, con un’orchestra sempre ricettiva e l’appropriato apporto dei solisti.