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La straniera in edizione critica per ‘Belliniana’

2024-09-25 12:25

Aldo Mattina

Cronaca, Spettacoli, Focus,

La straniera in edizione critica per ‘Belliniana’

Serata dedicata ad uno dei capolavori più controversi di Vincenzo Bellini. Mostre e retrospettive. Grande successo di pubblico e di critica

 

     Giunto il giorno culminante delle celebrazioni per il Cigno etneo, il 23 settembre, anniversario della morte, Belliniana ha proposto una serata dedicata ad uno dei capolavori più controversi di Vincenzo Bellini, ‘La straniera’. Si è partito da ‘La straniera reloaded’, di pomeriggio nel foyer del teatro, per ricordare con una retrospettiva multimediale tutti gli allestimenti che nel corso del tempo di sono susseguiti al teatro Massimo ‘Bellini’, a partire dal lontano 1954 fino al 2017, punto d’arrivo prima della presente edizione. Interessantissimo excursus a cura di Maria Rosa De Luca, Giuseppe Montemagno e Graziella Seminaria (in un significativo ‘abbraccio’ fra Università e Conservatorio di Catania) che si sono avvalsi del prezioso contributo di Marco Impallomeni per la ricerca iconografica.

     In serata, poi, si è passati nella grande sala del Sada per assistere alla esecuzione completa dell’opera in forma di concerto. Certo la rappresentazione scenica sarebbe stata senza dubbio più ‘appetitosa ma, se vogliamo coglierne l’aspetto positivo possiamo dire che ci è stata data l’occasione di concentrarci unicamente sull’aspetto musicale, rinunciando alla visione scenica che magari ,a volte, ed oggi sempre più di frequente, ci distoglie piuttosto che fungere da complemento a quella che è la ‘normale’ vita e forma del melodramma fin dalle sue lontane origini.

     Peraltro le premesse per una manifesta edizione di valore c’erano tutte, a partire dalla scelta di eseguire l’edizione critica Ricordi, curata da Marco Uvietta, come già avvenuto nell’ultima edizione catanese del 2017. Una scelta fortemente voluta da Fabrizio Maria Carminati, direttore artistico del teatro, il quale ha condotto sul podio la concertazione e direzione d’orchestra, con una cura ed una passione che lo pongono oggi fra i più autorevoli interpreti delle musiche del Cigno. L’orchestra del Bellini oltretutto ha raggiunto un’intesa con il ‘suo’ direttore tale da tradursi in una trasformazione del pensiero in concreta applicazione. Non è facile oltretutto, nella esecuzione concertistica di un’opera nata per la rappresentazione, mantenere un equilibrio sonoro con i protagonisti vocali e con l’intero coro (istruito con sapiente sagacia da Luigi Petrozziello), stante la posizione ‘a vista’ sul palcoscenico piuttosto che in buca. Tutto ciò è avvenuto con una visione d’assieme sempre controllata e mai prevaricante, nonostante le occasioni da parte dell’orchestra di ‘coprire’ i cantanti non manchino. Bellini nella Straniera, rappresentata al teatro alla Scala il 14 febbraio del 1829, è già in piena maturazione artistica ed alle soglie delle opere che ne celebreranno pienamente la fama. Con questa Straniera apre orizzonti nuovi ed attua il definitivo distacco dall’ingombrante eredità di Rossini; per certi aspetti, strutturali, drammaturgici, melodici, osa addirittura di più di quanto farà nei successivi capolavori (quanto meno ne ‘I Capuleti e i Montecchi’ e nella Sonnambula), riducendo al massimo le strutture chiuse e i virtuosismi esornativi dei protagonisti; sviluppa un recitativo che tende ad essere un declamato cantabile che prelude allo sviluppo lungo, lungo della melodia. Un’opera, insomma, che è anche un cantiere aperto verso l’avvenire…

     In questo contesto il compito dei cantanti assume una difficoltà particolare che travalica il concetto stesso di ‘cantante belliniano’ sic et simpliciter; deve riuscire a calarsi, infatti, nei personaggi per renderne appieno le peculiarità drammaturgiche e, naturalmente, quanto richiesto da Bellini in termini di vocalità.

      L’impegno maggiore è richiesto alla protagonista del titolo e a Catania abbiamo avuto la fortuna di poter contare sulla presenza di Jessica Pratt, la grande cantante inglese naturalizzata australiana che dell’interpretazione di Bellini sembra aver fatto una personale missione. Con l’Alaïde de La straniera la Pratt ha affrontato, per la prima volta qui a Catania, il suo quinto personaggio belliniano (e per l’inaugurazione della stagione lirica 2025 si accinge a debuttare in Norma). Jessica Pratt non è solo quel soprano che tutti gli appassionati ammirano per il suo portentoso virtuosismo frutto di una tecnica impeccabile e per una voce baciata dal cielo; è un’artista intelligente e completa capace di imprimere all’interpretazione una profondità introspettica ed emozionante. In  Alaïde ha  profuso un mondo di emozioni privilegiando il fraseggio nitido e cristallino e spingendosi alle più alte vette del registro vocale senza mai strafare con eccessivi abbellimenti e variazioni, ‘limitandosi’ al dettato belliniano. Ci auguriamo che la Straniera resti nel suo repertorio perché le successive recite non potranno che rifinire ulteriormente il suo personaggio. Accanto a lei il giovane tenore Valerio Borgioni ha affrontato la difficilissima parte di Arturo, arricchita, in questa edizione revisionata, dalle nuove indicazione che Bellini aveva aggiunto, per l’edizione del 1830, che si sarebbe avvalsa dell’interpretazione di Giovan Battista Rubini. Un’impresa improba che l’ancor giovane tenore ha superato grazie ad una emissione assai corretta e puntigliosa costellata da frequenti puntature verso le note più acute; con il procedere della maturità artistica potrà sicuramente raggiungere vette sempre più alte e sicure. Quanto a Franco Vassallo ha tratteggiato con la perentorietà del suo  bel timbro di baritono un Valdeburgo di tutto rispetto, mentre l’Isoletta di Aya Wakizono ha risolto con dolente scavo interpretativo tutto il turbamento della fanciulla negata al matrimonio dall’uomo che ama; mezzosoprano, sì, ma capace di facili emissioni verso l’acuto con accenti quasi sopranili e delicate sfumature. Riccardo Ferrari (Il signore di Montolino), Gaetano Triscari (Il priore degli Spitaleri) e Nicola Pamio (Osburgo) si destreggiavano con cura nelle ulteriori parti.

     Teatro pienissimo e pubblico festante da grandi occasioni.