Per il secondo anno consecutivo il teatro Stabile di Catania apre la sua stagione con una monumentale trasposizione desunta da Lev Tolstoj. Se l’anno passato fu ‘Anna Karenina’, quest’anno è stato addirittura ‘Guerra e pace’ ad approdare sul palcoscenico della Sala Verga. L’operazione costituisce una sorta di dittico, dedicato al grande romanziere russo, inseguito e realizzato dal regista Luca De Fusco, l’anno scorso direttore dello Stabile e quest’anno raccolto dal nuovo direttore, Graziano Piazza.
Confermato anche il team propositivo dello spettacolo con l’adattamento teatrale di Gianni Garrera e dello stesso De Fusco (quest’ultimo anche in veste registica), le scene ed i costumi di Marta Crisolini Malatesta, il disegno luci di Gigi Saccomandi, le musiche di Ran Bagno, le creazioni video di Alessandro Papa e la coreografia di Monica Codena.
Il ben più poderoso testo tolstojano ha amplificato, quest’anno, i problemi relativi alla messa in scena pur costituendo un’ideale continuazione dell’esperimento adattativo, proseguendo un progetto stilistico (oltre che contenutistico) che ha adottato soluzioni analoghe.
Ma entriamo più nel dettaglio. Il problema principale nell’adattare un romanzo per la scena resta quello della sua drammatizzazione. Avevamo già espresso le nostre riserve l’anno scorso per la Karenina, al cospetto di un’operazione coraggiosa, non incrinata dalle sirene dell’attualizzazione ma pur sempre moderna. Il processo di commistione tra dialogo e narrazione si è affinato creando, di fatto, una minor cesura tra i due stili; d’altra parte non viene meno una certa confusione nel dover distinguere i dialoghi dalle parti recitate in terza persona (dagli stessi personaggi). In definitiva, nonostante gli sforzi compiuti, risulta difficile uscire fuori dallo schema letterario di provenienza. Detto ciò non si può non rilevare l’estrema raffinatezza dell’elaborazione scenica e la suggestione creata dal prezioso contributo degli elementi mediatici; in particolare la realizzazione dei video di supporto all’essenziale ‘classicità’ dell’impianto scenico.
Nell’elaborazione e restituzione dell’epica proveniente dalla complessità del romanzo, De Fusco sembra aver voluto focalizzare l’attenzione sull’umanità dei personaggi, appartenenti principalmente a due grandi famiglie dell’alta borghesia russa, i Bolkonskij e i Rostov, alle prese con i loro intrecci amorosi e con le vicende continuamente mosse dagli avvenimenti storici che videro contrapposti sui campi di battaglia la Francia di Napoleone e la Russia guidata dal generale Kutuzov.
La bravura di una agguerrita compagnia di attori fa il resto; Pamela Villoresi, innanzi tutto, che nel ruolo dii Anna Pavlovna (Annette) sembra impersonare con saggezza e pacatezza l’anima stessa del romanzo, reggendo le fila degli avvenimenti. Federico Vanni è Kutuzov, lo stratega della guerra condotta in campo russo. E poi Francesco Biscione che attraverso la crisi esistenziale di Pierre e i suoi monologhi/dialoghi quasi filosofici sembra trasmetterci il pensiero dello stesso Tolstoj; e Mersila Sokoli, adorabile Natascia, incarnazione dell’amore adolescenziale puro e gioioso. Ma il plauso accomuna tutti gli altri validissimi interpreti capaci di ricreare una vera e propria epopea: Paolo Serra, Giacinto Palmarini, Alessandra Pacifico Griffini, Raffaele Esposito, Eleonora De Luca, Giacinto Palmarini, Lucia Cammalleri.
Frutto di un notevole sforzo coproduttivo fra Teatro Stabile Di Catania, Teatro Biondo Palermo e Teatro di Roma-Teatro Nazionale, lo spettacolo ha incontrato il gradimento del pubblico catanese che lo ha applaudito calorosamente.