Il recente protocollo d’intesa, che sancisce il gemellaggio tra il Teatro Massimo Bellini e il Teatro nazionale Georgiano dell’Opera e del Balletto di Tbilisi, ha avuto un immediato riscontro nell’allestimento dell’opera ‘Daisi’ (Tramonto) del compositore georgiano Zakaria Paliashvili, al Teatro Bellini, in prima italiana, nel simbolico giorno dedicato alla Festa della Musica. La stessa opera sarà presentata, nel corso di una tournée prevista a marzo del prossimo anno, proprio a Tbilisi mentre il 24 gennaio Il balletto ‘Il lago dei cigni’ di Čaikovskij, prodotto dal medesimo Teatro Nazionale Georgiano di Tbilisi, costituirà il secondo titolo della stagione etnea 2024.
Vero ‘monumento’ della musica nazionale georgiana, Zakaria Paliashvili è stato il più importante compositore d’opera georgiano cui è anche intitolato, dal 1937, il Teatro nazionale di Tbilisi. A lui si devono gli studi di ricerca sulla musica folkloristica poi confluiti, con un severo studio e un attento confronto con l’opera europea, in quella che può essere ritenuta la creazione dell’opera nazionale georgiana, dapprima con ‘Abesalon ed Eteri’ (del 1920) poi, appunto, con ‘Daisi’ rappresentata per la prima volta nel 1923 (appena tre anni prima della Turandot di Puccini…).
L’allestimento del Teatro Nazionale della Giorgia è stato curato registicamente da Gocha Kapanadze mentre sul podio l’esperto Zaza Azmaiparashvili dirigeva i complessi stabili etnei, il cui coro era affidato a Luigi Petrozziello. Pur appartenendo cronologicamente al primo Novecento, Daisi appare assai distante dal clima europeo che saremmo portati a definire verista. Pur aperto alle influenze europee (se ne può cogliere un’eco dalla vicenda di sangue causata dalle gelosia con suicidio finale della protagonista alla maniera di Butterfly), il linguaggio di Paliashvili sembra attingere a Rimskij-Korsakov ed al suo mondo favolistico, ma anche alle matrici della propria terra con chiari riferimenti al gusto orientale così ricco di melismi. Il risultato ci porta ad una componente romanticheggiante che consegna all’opera una eleganza formale fortemente evidenziata dalle scene di Georgi Aleksi-Meskhishvili (suoi anche i costumi), evocative, sulfuree, con l’apporto di proiezioni del Light designer David Matchavariani. Si sfuggiva dal rischio dell’oleografia rimanendo su un piano quasi impressionistico di gradevolezza visiva.
L’opera non è stata proposta nella sua lingua originale, una scelta che francamente ci ha stupito. Il libretto di Valerian Gunia è stato adattato in lingua italiana da Sirio Scacchetti con una particolare attenzione alle diversità ritmiche derivanti dalla lingua; sicuramente un lavoro complesso svolto con estrema diligenza.
La compagnia di canto, internazionale, è apparsa ben amalgamata ed ha evidenziato singole personalità di assoluto rilievo immedesimate nei personaggi, a partire dal soprano Eva Corbetto che dell’innamorata Maro ha dato una trepidante interpretazione ricca di delicate sfumature e suadenti mezzevoci. Matteo Falcier era Malkhaz, infelice amante di Maro, espresso con empiti passionali assecondati da una voce tenorile fresca e brillante. Il baritono Domenico Balzani rappresentava con determinazione e voce ben tornita il terzo ‘incomodo’ che giungerà all’omicidio del rivale in duello. Anastasia Boldyreva era l’austera Nano, amica di Maro. Il georgiano George Andguladze (Tsangala, anziano del villaggio) si assumeva il compito di eseguire la sua aria in lingua originale, offrendocene così un suggestivo ‘assaggio’. Roberto Cresca era il giovane contadino Tito.
Ottima, professionale, ben guidata la prova dell’Orchestra del Bellini, come pure quella del coro, ad impersonare il popolo, quasi fosse un altro personaggio.