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Il fascino spettacolare della Venezia del Seicento

2024-12-15 11:24

Aldo Mattina

Cronaca, Spettacoli, Focus,

Il fascino spettacolare della Venezia del Seicento

Con "La Gioconda" di Ponchielli opera ballo del 1876 la grande tradizione ottocentesca è tornata sul palcoscenico del Bellini per chiudere il cartellone 2024

 

      Il sapore della grande tradizione ottocentesca torna nel palcoscenico del ‘Bellini’ di Catania con tutto il ‘peso’ della sua prorompente carica vitale: “La Gioconda” di Ponchielli, opera-ballo del 1876 si inserisce nel clima della ‘scapigliatura’ milanese tra il silenzio del Verdi post-Aida, gli anticipi di un ‘verismo’ di marca pucciniana (l’autore di ‘Tosca’ sarà il più autorevole allievo di Ponchielli) e gli ammiccamenti francesi al grand-opéra di Meyerbeer. Una posizione di transizione, fra passato e aspirazioni al futuro che, da sempre, ha provocato altalenanti giudizi di critica ed incondizionato successo di pubblico. Un successo decretato più dalla vigorosa e accattivante cantabilità che dalle raffinatezze dello strumentale, ma anche dall’impianto grondante spettacolarità (quando non venga snaturato da sciagurati allestimenti iper-modernizzanti).

     Non è questo, fortunatamente, il caso del titolo conclusivo della stagione lirica 2024 del teatro Massimo ‘Bellini’. L’ente regionale catanese ha preferito fare affidamento su un allestimento di sua proprietà, realizzato nel 2006 dalla sapiente visione artistica del compianto Roberto Laganà Manoli che, in quella occasione fu, oltre che scenografo, anche regista, costumista e datore luci ricostruendo con grande sfarzo la gloriosa Venezia dei Dogi del XVII secolo, a partire dall’impatto iniziale con il bellissimo ed imponente leone alato simbolo della Serenissima al centro della scena; assai suggestiva è anche la ‘marina’ del II atto con la fiancata del brigantino e le sue vele.

      Di questo storico impianto scenico si è servito Il regista Francesco Esposito, con estrema discrezione mentre gli sfarzosi e luminosi costumi di Laganà sono stati sostituiti con quelli assai più spartani, moderni e atemporali dello stesso regista insieme a Giovanna Adelaide Giorgianni, con le luci di Antonio Alaro.

     Un’opera, ‘La Gioconda’, il cui sfavillante scintillio di colori, ricco di dinamiche, sembra a volte anticipare anche raffinatezze di sapore impressionistico che la direzione musicale di Fabrizio Maria Carminati ha espresso con grande temperamento e sapiente stacco dei tempi imponendo un’orchestrazione che si rendeva co-protagonista, insieme all’indubbio apporto della parte vocale. Quest’ultima richiede almeno sei protagonisti cui Ponchielli riserva una scrittura di grande impegno, sia sul piano della tessitura vocale sia su quello dell’interpretazione. Il soprano Anna Pirozzi, per la prima volta a Catania, era la superba protagonista del ruolo eponimo; la sua imperiosa presenza scenica poteva fare leva su una voce voluminosa, ricca di armonici, ben centrata su tutti i registri, facile negli acuti ma pronta a piegarsi alle più delicate nuances; sul palco è stata una vera dominatrice. Non da meno le è stato il torvo Barnaba di Franco Vassallo, in una parte che sembra fare il paio con lo Iago verdiano (successivo di appena un decennio, con la stessa ‘penna’ del librettista Arrigo Boito) e, addirittura, di anticipare lo Scarpia della pucciniana Tosca. La torrenziale voce baritonale di Vassallo e i suoi torniti acuti hanno il pregio, fra l’altro, di essere messi al servizio di uno splendido fraseggio di stampo tipicamente italiano. Lo stesso non può dirsi, purtroppo, per l’Enzo Grimaldo del tenore Ivan Momirov; mezzi generosi, è vero, con un buon squillo, ma la troppa approssimazione nell’intonazione e il disomogeneo passaggio tra i vari registri ne limitava la scorrevolezza, incrinandone l’interpretazione. Anastasia Boldyreva era una trepidante Laura, determinata, con voce ferma e imperativa, a coronare il suo sogno d’amore con Enzo. Agostina Smimmero, voce scura di contralto come poche ormai oggi si trovano, ha dato sostanza alla Cieca madre della Gioconda. Alvise Badoero è stato interpretato, con toni profondi e perentori, dallo statuario George Andguladze mentre Nicola Pamio, Ettore Lee e Giovanni Palminteri completavano il cast.

      Impeccabile la prova del coro, istruito da Luigi Petrozziello; compito assai gravoso, oltre tutto, per una presenza in scena non indifferente. Delizioso anche il coro di voci bianche ‘InCanto’ diretto da Alessandra Lussi. La scena centrale della ‘Danza delle ore’, quasi un inserimento e sé stante, è stata affidata al Corpo di ballo ‘AltraDanza’ con le coreografie (per l’intero spettacolo) di Domenico Iannone.

      Il pubblico ha decretato un caloroso successo con ripetuti applausi anche a scena aperta, nonostante la durata-maratona (quasi quattro ore fra spettacolo ed intervalli) ne abbia messo a dura prova la capacità di attenzione.