Il racconto è antico, ma la “morale” è permanente.
In un casolare vivevano un padre e un figlio, poverissimi ma infaticabili nel coltivare le verdure di un orto, destinate ai mercati generali.
Dopo anni, accumularono la somma necessaria e decisero di investirla nell’acquisto di un asino, per evitare di recarsi a piedi ogni santo giorno in campagna.
L’asino sembrava fragile e così scelsero di cavalcarlo a turni.
Un passante, assistendo alla scena, li rimproverò: “Se uno di voi due resta a piedi, che senso ha l’acquisto? Dovrebbe avere la precedenza il più anziano”.
Diedero conto al passante. Altro commento di altra persona: “Dovrebbe cavalcare il più giovane, perché meno allenato alla fatica”.
Altro cambiamento, altra critica.
Decisero infine di cavalcarlo entrambi subito, rimproverati per il peso eccessivo; scesero, per procedere a piedi, altro rimprovero: “Perché l’avete comprato?”…
C’è un governo che procede tra infiniti problemi e qualunque scelta operi, trova le domande velenose: “Perché quel provvedimento e non l’altro?”.
Oltre che acidi sono anche noiosi questi critici inetti, falliti quando visti all’opera.
Se si decide in famiglia una gita in campagna e poi scoppia un nubifragio imprevisto, è necessità cambiare programma?
Così è stato per l’aumento del carburante, risparmiando un miliardo al mese, destinato al caro-bollette e ad altre urgenze sociali.
Si era detto “altro” in campagna elettorale?
Sissignori. Ma non era previsto il nubifragio di emergenze esplose e necessitanti rimedi urgenti.
Nella mia lunga presenza in Parlamento, ricordo che il problema del costo del carburante era ricorrenza ciclica. Nessuno alzava barricate di saliva polemica, oltre la critica connaturata al ruolo della opposizione.
Riferisco un aneddoto.
C’era in un governo del pentapartito, un ministro dei lavori pubblici, distratto e confuso. Si svolgeva una seduta sulle “accise”, relative al prezzo dei carburanti.
Passeggiava pensieroso –fronte inutilmente spaziosa- in “transatlantico”; era solo e improvvisamente si rivolse a me, incrociandomi: “Tu che sei uno studioso della materia, cosa faresti al mio posto?”.
Mi aveva scambiato per altro deputato, atteso che conoscevo della materia, solo le stazioni di rifornimento.
Ma, pensando, a una battuta, ne scagliai una che in quel momento mi sembrò spiritosa: “Ridurrei il chilometro a 800 metri e così un quinto della somma sarebbe salva”.
Lo “sventurato”, scriverebbe Carolina Invernizio, riferì ad altro collega la risposta, e, in conseguenza, mi tolse il saluto.
Me lo sarei tolto anche io.
P.s.
Oltre il livore nell’assistere ad incontri facondi con interlocutori che contano in tutto il mondo, aprendo nuovi scenari e canali di comunicazione prima impensabili, c’è qualcuno che razionalmente, onestamente, lealmente possa dire che altri diversi dalla coalizione di Giorgia Meloni avrebbero potuto dare una svolta positiva a questa crisi che genera crisi, come mai si è vista nella storia repubblicana?