Era da tempo che al teatro Verga di Catania non si respirava l’aria delle grandi occasioni! La prima stagione firmata dal direttore artistico Luca De Fusco ha aperto sotto questo segno e con un ritorno al grande teatro del Novecento, con un Pirandello che riprende le fila della vocazione siciliana dello Stabile. Scritto nel 1917, “Così è (se vi pare)” è forse il primo vero testo in cui si esprime la parabola di quel ‘pirandellismo’ che impregnerà tutta la vicenda umana e teatrale del grande drammaturgo girgentano.
Luca De Fusco veste qui anche i panni del regista e del ‘rilettore’ con l’intento di offrire una visione tutta sua che, inevitabilmente, deve fare i conti con la storia della rappresentazione dell’opera. Un’operazione impietosa per chi ha ancora in mente gli storici precedenti, e ripensiamo naturalmente alla versione del 1974 di Giorgio De Lullo con la compagnia dei giovani (Romolo Valli, Rossella Falk, Elsa Albani, Ferruccio De Ceresa, oltre alla coppia Paolo Stoppa-Rina Morelli) ma anche a quella del 1986 diretta da Franco Zeffirelli con Paola Borboni e, ancora, quella del 1991 diretta da Massimo Casti con Valeria Moriconi protagonista e tante, tante altre (che dire, per esempio, della edizione catanese del 1976 diretta da Giuseppe Di Martino con Ida Carrara). Ma Luca De Fusco possiede senza dubbio tutto il bagaglio culturale e di esperienza che gli ha consentito di affrontare la sfida realizzando un allestimento senza dubbio più moderno e più snello (i tre atti sono unificati in un unico fluire senza soluzione di continuità) ma non per questo meno rispettoso del testo pirandelliano. De Fusco decide così (lo afferma lui stesso nelle sue note di regia) “di bandire ogni elemento grottesco dalla rappresentazione, prediligendo una chiave interpretativa di ispirazione kafkiana, improntata al mistero, collocando i personaggi al centro di uno spazio angusto e oppressivo, che potrebbe essere il cortile di un manicomio o un insieme di palchi teatrali”(Le conseguenti scene e costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, le luci di Gigi Saccomandi). Un Pirandello ‘filtrato’ con la sensibilità kafkiana’? una scelta singolare, mentre ci sembra modernamente centrato il voler ‘esporre’ verso l’esterno, verso il pubblico, addirittura salendo su un immaginario palco con microfono, il tormento dei protagonisti angariati dalla bigotta società borghese, la signora Frola (una dolente e carismatica Anita Bartolucci), il signor Ponza (Giacinto Palmarini, accondiscendente verso i superiori ma pronto a studiati scatti d’ira) e la signora Ponza (Irene Tetto, dal volto fasciato, con voce travisata, quasi di fantasma, ad esprimere il suo concetto di Verità ‘io sono colei che mi si crede’.
Ne risulta un doppio piano, non solo la chiusa ‘stanza della tortura’(secondo l’acuta definizione del critico Giovanni Macchia) in cui si svolge il ‘processo’ intentato dai rappresentanti dell’angusta società borghese del tempo, alla ricerca di un’immutabile verità, ma un’apertura verso il mondo, anche quello futuro con cui si confrontano i protagonisti del dramma, quasi a voler sopravvivere nella loro realtà ad ogni convenzione.
A commentare quasi al di sopra delle parti con ferreo ragionamento e sottile ironia (un’eco emblematica della costante presenza dell’autore, Pirandello?) l’intricata vicenda è il Lamberto Laudisi del sempre grande ed ineccepibile Eros Pagni, attore dalle infinite risorse, governate da una sapiente e ‘naturale’ recitazione; vi si avverte come il palcoscenico sia la sua casa e la sua stessa vita.
Paolo Serra, Lara Sansone, Giovanna Mangiù, Valeria Contadino, Domenico Bravo, Roberto Burgio e Plinio Milazzo costituivano la variegata società che attorniava con coerenza e convinzione la società cittadina.
Un pubblico delle grandi occasioni applaudiva convintamente lo sforzo produttivo frutto della cooperazione fra Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo di Palermo, Tradizione e Turismo srl. Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro, Compagnia La Pirandelliana.