Se le donne oggi ricoprono posizioni apicali in tutti i settori, i casi di abusi e violenze nei confronti delle donne sono in forte aumento e sono frutto di una cultura e di stereotipi che vanno estirpati. Il problema è culturale e formativo, di parità ed uguaglianza.
Un bollettino quasi quotidiano, drammatico e inaccettabile. Quella dei femminicidi è una strage che non si ferma.
I dati (numeri) sono un agghiacciante elenco di tragici fatti di sangue, una strage senza fine, un femminicidio ogni 3 giorni. Insopportabile silenzio sul susseguirsi di tali violenze in Italia .
La violenza di genere è un crimine odioso, che trova il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una problematica di civiltà che, prima ancora di un'azione di polizia, richiede una crescita culturale. È una tematica complessa che rimanda ad un impegno corale che deve coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle istituzioni, alla scuola, alla famiglia. Al''attenzione sterile delle forze politiche e dei mezzi di informazione su tale questione, occorrerebbe sostituire interventi legislativi specifici, che incidano alla radice culturale del problema. È stato necessario un decennio di donne uccise da mariti, compagni, fidanzati per rendersi conto che la questionerichiedeva un approccio mirato.
Il numero dei femminicidi è sempre elevato, anche se i recenti omicidi sono l’esito finale di storie di donne che spesso, dopo aver sporto denuncia, non trovano risposte adeguate sul territorio rispetto alla loro protezione.
Clara Ceccarelli (una delle ultime vittime) aveva persino pagato il suo funerale!
Le denunce delle vittime sono spesso campanelli d'allarme e richieste d'aiuto, a cui lo Stato colpevolmente non sempre riesce a fare fronte.
Dall'entrata in vigore, avvenuta il 9 agosto 2019, del cosiddetto "codice rosso", legge che ha introdotto nuovi reati e ha perfezionato i meccanismi di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, la situazione rimane oltremodo drammatica; infatti, se all’inizio del nuovo millennio, la percentuale di donne uccise nell’ambito familiare rappresentava il 25% del totale degli omicidi, recentemente, la percentuale è salita al 40%. Il Parlamento italiano ha continuato a legiferare in direzione dell’adozione di misure idonee al contrasto al femminicidio; tali misure andrebbero integrate con la possibilità di applicare misure di prevenzione.
Bisogna porre un rimedio ad una situazione che è stata aggravata dalla pandemia. La violenza alle donne è una pandemia globale e necessitano misure reali che prevengano tale stato di cose. Trascorrere molte ore e settimane in casa, in smartworking, con limitate possibilità di spostamento, pone le donne in un contesto di oggettivo pericolo.
Troppe volte, dopo la denunzia di violenze, maltrattamenti o stalking, le donne vengono rimandate a casa, poiché la loro denuncia viene spesso sottovalutata, esponendole a ulteriori rischi.
Denunce andate nel vuoto , allarmi non ascoltati, donne lasciate sole.
In Italia osserviamo che pur essendo in calo gli omicidi, aumentano i femminicidi, il 50% delle donne sono state uccise durante il lockdown.
Tale dinamica raggiunge il suo apice nel 2020, quando si attesta al 40,6% dei casi, analogamente i femminicidi familiari (che negli ultimi 20 anni presentano un'incidenza progressivamente crescente).
La coppia continua a rappresentare il contesto relazionale più a rischio, con 1.628 vittime tra coniugi, partners, amanti o ex partners negli ultimi 20 anni.
Il dato sulle uccisioni delle donne ha trovato conferma, recentemente, nel rapporto del Servizio analisi criminale della Polizia di Stato, dal quale è emerso un dato allarmante sull’ aumento delle vittime di sesso femminile ( 111 del 2019 , 112 del 2020, 106 nel 2022, fino ad arrivare agli attuali 103 nell’anno in corso).
Numeri che non richiedono un fugace commento o grossi titoli giornalistici, ma una riflessione seria, concordando con Kofi Annan ”un po’ tutti ci sentiamo responsabili”. Spesso abbiamo fallito tutti!
Un’attenta analisi del fenomeno aiuterebbe a capire che questa piaga è conseguenza di un malessere molto più grave e sarebbe dovere prioritario un intervento mirato che riesca a prevenire questi tristissimi episodi.
È un problema che va risolto a prescindere dalle ideologie o dai colori politici, ma dalla comune determinazione di dovere dare dignità e tutela alla donna ed abbattere una cultura che colpisce non solo la singola persona / vittima, le famiglie, ma la società intera.
E’ necessario intervenire sull’educazione dei giovani, con una politica che possa modificare l’attuale modello socio-culturale alla base della discriminazione che sfocia in violenza.
Cosa possiamo fare per contrastare questa tragedia ? Non è un fatto solo di norme; il codice rosso apre una corsia d’emergenza per le denuncie delle donne, ma non basta. La violenza sulle donne è innanzitutto un fatto culturale. Siamo noi uomini a dovere cambiare e a far cambiare i violenti : coloro che non accettano un No, un rifiuto.
Il problema è che troppe persone penose pensano che basti “provocare” per giustificare la loro presenza in vita, che basti “dissacrare “ per salire su un palco.
Esisteva il matrimonio riparatore, il matrimonio che cominciava con la violenza , fino a quando una giovane siciliana Franca Viola, rifiutò il matrimonio riparatore, aprendo la via a tante altre donne.
La questione culturale investe anche la giustizia: migliorare il sistema giustizia significa specializzare gli operatori giudiziari, la questione culturale investe anche la giustizia.
Necessita un percorso di prevenzione che prescinda dal momento del giudiziario, che incida sul piano culturale e formativo. In questo disegno è importante l’impegno della Scuola che faccia comprendere ai giovani quanto sia “ bello” prendersi cura dell’altro. E’ fondamentale la famiglia ed il dialogo e la complicità è uno dei mezzi con cui si possono insegnare empatia e rispetto, basati su un’affettività sana.
Incidere su ogni forma di violenza significa promuovere il progresso dell’umanità.