Con l’allestimento della Tosca di Giacomo Puccini, il Teatro Massimo Bellini di Catania conclude la rincorsa al recupero degli spettacoli bloccati dalla pandemia (si parla della stagione 2020), prima della ripartenza col ‘nuovo’, già a fine novembre, ancora con un titolo pucciniano, La bohème, che di fatto inaugurerà la stagione 2022/23.
E intanto si continua nel segno della tradizione e del grande repertorio; con tutte le caratteristiche del caso, pregi, difetti, limiti ed anche salutare ‘ordinarietà’. E’ la strada tuttora scelta dalla direzione dell’ente etneo, pur con qualche incursione nel ‘contemporaneo’ (soprattutto in ambito sinfonico). Non meraviglia, quindi, anche l’attuale titolo, la popolarissima Tosca di Giacomo Puccini, opera più che amata dal pubblico di appassionati e melomani. La ricetta è presto fatta; l’allestimento innanzitutto è di ‘vecchio stile’, collaudatissimo e precedentemente proposto al Bellini (è di sua proprietà) con il vantaggio di un benefico risparmio che non guasta in tempi in cui bisogna ancora fare i conti con il bilancio non particolarmente congruo. E, d’altra parte, le belle scene di Raffaele Del Savio (immaginiamo siano ancora attribuibili a lui se pur non citato in locandina), utilizzate in diversi precedenti allestimenti appaiono ancora gradevoli e funzionali e costituiscono quasi un tuffo nel passato, magari un po’ oleografico, ma che piace sempre agli appassionati. Anche i conseguenti tempi lunghi per il cambio scena tra un atto e l’altro avevano il gusto un po’ retrò del glorioso melodramma antico; cose d’altri tempi, nel bene e nel male. In questo contesto la funzione registica di Renzo Giacchieri è apparsa quasi semplificata: un ‘accompagnamento’ allo svolgimento drammaturgico senza particolari scossoni; e d’altra parte lo stesso Giacchieri, titolato regista romano di lungo corso non è nuovo sul palcoscenico del ‘Bellini’ dove ha già portato in scena anche la stessa Tosca. Particolarmente ricca e ‘colorata’ la scena del primo atto che con grande effetto di spazialità all’interno della chiesa di Sant’Andrea della Valle, consente disinvolti movimenti al doppio coro, quello stabile etneo (istruito da Luigi Petrozziello) e quello di voci bianche interscolastico ‘Vincenzo Bellini’ (istruito da Daniela Giambra), culminanti nel possente Te Deum. Perfettamente integrati i costumi realizzati da Manuela Fracasso, con l’immancabile vestito rosso della protagonista nel secondo atto, mentre delle luci si occupava lo stesso Giacchieri.
Sul podio l’autorevole presenza direttoriale di Luigi Piovano assicurava un saldo equilibrio alle varie componenti musicali (solisti, orchestra, coro). L’artista abruzzese è stato più volte protagonista di apprezzate esibizioni al ‘Bellini’ (lo ricordiamo, in particolare, alla guida della nostra orchestra in una magnifica esecuzione dello Stabat Mater di Antonín Dvořák). L’orchestra etnea, in smagliante forma, è stata l’asse portante dello spettacolo, affiancata da un magnifico coro, divenendo a volte la vera e propria protagonista fino ad ‘oscurare’ in qualche passo le voci. Voci che, peraltro, risultavano di buona caratura complessiva, anche sul piano della credibilità scenica, muovendosi con disinvoltura e buona capacità attoriale ed interpretativa, a partire dalla protagonista Ekaterina Sannikova (subentrata alla prevista Rebeka Lotar, fermata dal covid) che ha inciso una passionale Floria Tosca struggente e vocalmente generosa, sia nella temperie emotiva sia nei ripiegamenti intimistici; particolarmente applaudito il suo ‘Vissi d’arte’. Al suo fianco Roberto Aronica era un Mario Cavaradossi di buono smalto, più votato alle svettanti perorazioni eroiche piuttosto che alle nuances amorose, mentre lo Scarpia di Leo An risultava più presente in termini vocalmente tecnici che sul piano emotivo. Alin Anca (Angelotti), Riccardo Palazzo (Spoletta), Angelo Nardinocchi (Il sagrestano) e Dario Giorgelè (Sciarrone e carceriere) costituivano una sicura puntuale presenza del ‘mondo’ che circondava i protagonisti.
Lo spettacolo è stato con molta evidenza gradito dal pubblico presente, assai nutrito ma non da ‘tutto esaurito’, che lo ha applaudito con convinzione.
Una nota che potrebbe sembrare secondaria ma che per noi rappresenta un segnale di non poco conto: potremo, nella prossima stagione ormai alle porte, avere nuovamente un libretto di sala degno di questo nome? Per la illustre tradizione del teatro Catania e i catanesi lo meritano.