E’ tempo di balletto al Teatro Bellini di Catania, anzi ‘del’ balletto classico per antonomasia, quello celebrato dalle splendide musiche di Piotr Il’ic Ciaikovskij: ‘Il lago dei Cigni’ per intenderci.
Ed è un’edizione, quella proposta quale secondo titolo della stagione di Opere e Balletti 2024, che ci riporta tutto il sapore della grande tradizione ottocentesca grazie alla produzione dell’ Opera and Ballet State Theatre di Tbilisi il cui splendido corpo di ballo è oggi diretto da una grande stella della danza, Nina Ananiashvili. Ricordiamo che con il Teatro Nazionale della Georgia il teatro Bellini ha firmato qualche mese fa un protocollo d’intesa che ne ha sancito il gemellaggio.
La versione presentata al Bellini riprende la celebre coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov con cui il teatro Mariinskij di S. Pietroburgo nel 1895 portava al successo il balletto dopo la rovinosa caduta della prima, avvenuta al Bol’šoj di Mosca nel 1877. La versione coreografica di Aleksej Fadeechev, messa in scena per la prima volta a Tbilisi nel 2016, e riproposta ancora oggi, rappresenta una tappa fondamentale nel lungo cammino del capolavoro ciaikovskiano.
Più ancora del melodramma il balletto classico richiede un rispetto, una sorta di sacralità nei confronti del passato, del sogno, che non ammettono deroghe; si può amarlo o rifiutarlo, ma stravolgerlo mai. Per questo i suoi appassionati si sono ritrovati nella dimensione eterea dei due atti ‘bianchi’ (il II e il IV), dei delicati vestitini bianchi delle fanciulle-cigno, ma anche nelle rutilanti cornici delle feste, al I e III atto, ricreate dalla scenografia di Vyacheslav Okunev , nell’allestimento georgiano, col rigore e la levità che si convengono ai conservatori di una grande tradizione.
Il pubblico è rimasto così immerso, quasi sospeso tra svolazzi, ‘pirouette’, ‘fouettée’, ‘pas’, doviziosamente profusi da un corpo di ballo ben attento a tradurre in immagini il mondo incantato di Odette/Odile e delle sue compagne, dell’innamorato Siegfried e del perfido Rothbart.
Un successo sancito dal tutto esaurito in tutte le repliche, allietato da una folta partecipazione giovanile (bisognerebbe fare qualche riflessione sul radicale abbassamento medio dell’età del pubblico ai Balletti, rispetto all’Opera).
Dell’esibizione dei solisti, così come di tutto l’intero corpo di ballo, non si può che dire tutto il bene possibile, partendo dalla considerazione che quella che stupisce maggiormente è la qualità dell’intero organico. Non si può che restare ammirati nell’osservare il perfetto sincronismo dei danzatori dai quali si distaccano, di volta in volta i singoli solisti e le coppie, tutti in possesso di qualità tecniche, espressive, atletiche che sembrerebbero addirittura interscambiabili; tanto che in locandina non si riscontrano nomi di etoile e solisti, tutti sono accomunati nel nome dell’intera compagnia.
L’orchestra del Bellini ha risposto con molta partecipazione alle sollecitazioni del direttore Papuna Gvaberidze concedendosi anche qualche raffinatezza melodica delle prime parti oltre alle scansioni ritmiche e alla sontuosità coloristica che la partitura di Ciaikovskij elargisce a piene mani.