È stato un gradito ritorno. Stefano Ranzani, direttore d’orchestra milanese tra i più affermati nel panorama internazionale mancava da Catania da una quindicina di anni avendo ricoperto, dal 2007 al 2008, il ruolo di Direttore artistico e Musicale del teatro Bellini. A giudicare dall’applauso caloroso con cui lo ha accolto al suo ingresso, il pubblico non lo ha certo dimenticato e Ranzani ha risposto da artista qual è offrendo un concerto molto partecipato ed anche intriso di buon umore.
Se il titolo generale della serata era “Il classicismo viennese” non potevano mancare in locandina due rappresentanti emblematici di tale corrente, sviluppatasi fra l’ultimo trentennio del Settecento e il primo ventennio dell’Ottocento, Haydn e Beethoven mentre di Mozart aleggiava l’ombra attraverso la figura del padre, Leopold.
Ma procediamo con ordine. Prodromo della serata era una composizione risalente agli anni Cinquanta-Sessanta del Settecento (più di età galante che classica, quindi) di dubbia attribuzione. Nel corso degli anni e delle diverse edizioni vi si ritrovano, come autori possibili, i nomi di Leopold Mozart e di Haydn (ma quale? Franz Joseph, ‘padre’ dello stile classico o il meno noto fratello Michael?) e poi successivamente quello più probabile del monaco e musicista Edmund Angerer. Stiamo parlando della cosiddetta Kindersinfonie (Sinfonia dei giocattoli) in do maggiore, composta in origine nella forma della Cassazione (musica da intrattenimento da eseguirsi all’aria aperta) in sette movimenti e successivamente ridotta nei tre movimenti tipici della Sinfonia. Probabilmente veniva eseguita proprio nel corso dei mercati di giocattoli e prevedeva l’utilizzo di particolari strumenti che servissero a suscitare, fra gli altri, suoni come quello del cucù e il cinguettio degli uccelli. Lo stesso Ranzani, con fare divertito e divertente ha provveduto al suono del cucù trascinando l’orchestra etnea in un vorticoso giro di colori che ha infiammato il pubblico.
Anche il successivo brano non era privo dal manifestare l’ironico buonumore di quel buontempone di Franz Joseph Haydn con la sua Sinfonia n. 45 in do diesis minore “Sinfonia degli addii”. Scritta nel 1772 nella residenza estiva del principe Nikolaus Esterházy, a parte diverse singolarità sul piano musicale (l’insolita tonalità, gli arditi cromatismi…) presenta anche un curioso finale: al Presto segue infatti un Adagio durante il quale i musicisti lasciavano poco per volta la sala spegnendo la candela del proprio leggio, fino a lasciare concludere il pezzo con due soli violini. Con questa simpatica manifestazione i musicisti intendevano manifestare il loro disappunto per il protrarsi della villeggiatura da parte del principe ed il conseguente desiderio di rientrare ad Eisenstadt dalle proprie famiglie. E il principe, benignamente, consentì.
L’esecuzione della sinfonia haydniana ha trovato nella guida di Ranzani una pulsione dinamica intrisa di vera e propria gioia di vivere; dinamismo che nella successiva pagina, l’ouverture Egmont in fa minore, op. 84 di Ludwig van Beethoven si caricava di un ché di epicità, promananti dalla scrittura del compositore di Bonn. Assai accurata, infine, l’interpretazione della Sinfonia n. 1 in do maggiore, op. 21 sempre di Beethoven; opera che, inaugurando il 1800, avviava il percorso sinfonico più importante e denso di conseguenze che la storia della musica abbia mai ricevuto. Perentorio il gesto direttoriale di Ranzani che, senza eccessi e senza orpelli andava sciolto e veloce al cuore della sostanza musicale, restituendone con grande equilibrio la magistrale struttura.
Tanti applausi alla fine, calorosissimi e ripetuti, per Stefano Ranzani (che rivedremo presto in Lucia di Lammermoor) e per l’intera Orchestra del Bellini.