Si sostiene… in carcere, la bellezza dentro e fuori. Si chiama così il progetto che l’associazione Soroptimist di Catania ha organizzato insieme a Compagnia della Bellezza, il franchising internazionale di saloni per parrucchieri attivo ormai da 30 anni nel settore della bellezza e guidato dal noto hair stylist Salvo Filetti.
Sulla scia di un format analogo già portato avanti in altre carceri italiane da Soroptimist International, l’associazione mondiale di donne impegnate in attività professionali e manageriali, quaranta ore di ore formazione professionale sono state indirizzate a sei detenute, ospiti della sezione femminile della casa circondariale di Piazza Lanza.
Pinella Filetti, formatrice, coach ed education manager, ha coordinato ben due edizioni di questo progetto catanese e le sue parole valgono da sole a comprendere il valore dell’iniziativa, ben oltre quello della formazione professionale
“Prima di questa esperienza, fuori dal carcere potevo vedere solo ladre, prostitute, assassine. Dentro il carcere ho visto invece solo persone, le ho guardate negli occhi e mi sono commossa per loro e con loro. Più volte mi è capitato di piangere, per fortuna anche di gioia”, esordisce così nell’intervista che ci ha gentilmente concesso.
Cosa le ha lasciato in più questa esperienza?
“Bellissime testimonianze, foto, video. In più, le loro bellissime lettere, scritte a mano, che conservo gelosamente”
Come è nato il progetto a Catania?
“Siamo stati contattati qualche anno fa dall'associazione Soroptimist di Catania, una delle loro associate ci conosceva personalmente da tempo. Inizialmente ero un po’ scettica, mi creda. Non riuscivo ad immaginare come avremmo potuto produrre risultati soddisfacenti, sia per il ridotto numero di ore sia per l’esiguo numero di donne partecipanti al progetto. Però ero comunque incuriosita da questa opportunità che si presentava e ho dato subito la mia disponibilità. Nel tempo mi sono ricreduta”
Quante edizioni di questo progetto sono state condotte e dove esattamente? Quale ruolo lei ha avuto nel coordinamento di questa iniziativa?
Sono state condotte due edizioni, una nel 2019, prima della pandemia, e la seconda nel 2022/2023, entrambe nel carcere di Piazza Lanza.
Il mio ruolo è cresciuto insieme al progetto. Ho seguito tutte le fasi, collaborando a turno con l’associazione Soroptimist, in particolare con le presidentesse Maria Silvia Monterosso, Mirella Patanè e Maria Silvia Emmi (attualmente in carica), con il responsabile dei progetti educativi della casa circondariale di Catania, dott. Avelli e con la direttrice del carcere dott.ssa Elisabetta Zito”
Di cosa si è occupata, in particolare?
“Ho coordinato entrambe le edizioni del progetto formativo gestendo tutte le fasi del percorso e prendendo parte in prima persona alla selezione e alla formazione, insieme ai tutor di Compagnia della Bellezza. Sono stata garante dei processi formativi col compito di trasmettere la cultura del settore, del servizio alla persona e la cultura della materia con cui lavoriamo ogni giorno: i capelli”
Compagnia della Bellezza ha svolto un ruolo molto importante. In cosa è consistito esattamente?
“Ha messo generosamente a disposizione tutte le risorse necessarie per portare avanti il progetto formativo. Ogni reparto ha partecipato alla realizzazione del progetto: il reparto formativo in primis, ma anche il reparto marketing, foto video ecc. Inoltre, Compagnia della Bellezza ha investito personalmente nella realizzazione dei materiali didattici e nell’acquisto dei prodotti e degli attrezzi necessari alla formazione”
Quali competenze professionali hanno acquisito le donne in carcere avviate a questa attività formativa?
“Quaranta ore di formazione possono risultare poche per un percorso formativo completo, in grado di formare valide operatrici del settore bellezza. Proprio per questo abbiamo selezionato attentamente il programma, semplificandolo al massimo, in modo da riuscire a fare assimilare le tecniche più importanti alla base dei principali servizi. L’obiettivo era che ciascuna di loro potesse applicare da subito quanto appreso e, una volta fuori dal carcere, poter lavorare nel settore con professionalità, con un linguaggio appropriato e un metodo contemporaneo. Direi che l’obiettivo è stato raggiunto”
Ritiene che in questo modo tali donne, quando usciranno dal carcere, siano pronte per essere accolte dal mondo del lavoro, per avviare loro un'attività direttamente?
“Per quanto possa essere ottimista, mi rendo conto delle difficoltà che queste donne avranno una volta fuori. Non immagino che, uscite dal carcere, l’inserimento nel mondo del lavoro per queste donne sarà una passeggiata. Di sicuro hanno nelle mani un’opportunità in più da poter spendere, e chi avrà costanza potrà farcela. Il pregiudizio c’è sicuramente, e anche la paura. Quando entri però in contatto con loro, ti rendi conto che hanno effettivamente voglia di girare pagina e cambiare vita, lo capisci dai loro occhi, dalle loro parole. Allora il pregiudizio svanisce”.
Cosa pensavano al riguardo le detenute?
“Una di loro mi diceva, per esempio, che una volta fuori dal carcere, avrebbe voluto fare un lavoro “onesto” e lo diceva con convinzione, guardandomi negli occhi, e io sono certa che questo fosse il suo reale desiderio. La stessa detenuta voleva prendere l’abilitazione al lavoro di parrucchiera frequentando una scuola professionale”
C'è stata piena collaborazione a questo progetto delle autorità carcerarie e delle altre persone che quotidianamente vi lavorano?
“In carcere vengono eseguite parecchie attività di volontariato. Con l’obiettivo di sostenere le detenute in questo particolare periodo della loro vita e aiutarle ad impiegare il tempo nel migliore dei modi. Le autorità carcerarie sono abituate a questo tipo di attività e le sostengono sicuramente”
Invece lei come è stata accolta dalle detenute?
“Inizialmente non è stato facile. Mi sono dovuta guadagnare sul campo la loro stima. Sono una persona che non si accontenta, in qualche momento ho dovuto usare toni molto decisi per evitare che si potesse sottovalutare il lavoro che stavamo facendo. Questo mi ha permesso, però, di creare con queste donne un rapporto leale, di stima reciproca, e di piena collaborazione”
Non è facile muoversi dentro un carcere, è vero?
“È un mondo a sé stante, i controlli sono tanti e tutto questo rallenta il lavoro. Inizialmente era tutto complicato. Anche per introdurre un pennello per l’applicazione del colore, dovevamo aspettare tutta una serie di controlli prima di procedere, ogni oggetto poteva essere un’arma contundente. Nel tempo, la fiducia nei nostri confronti ha permesso di velocizzare e snellire le procedure, pur nel rispetto delle regole”
È stato appena pubblicato un libro della giornalista catanese Katya Maugeri "Tutte le cose che ho perso" (Villaggio Maori Edizioni, 2023) che racconta storie di donne dietro le sbarre, a partire dalla loro esperienza a Rebibbia. Cosa invece hanno raccontato a lei queste donne nel carcere di Catania?
“Durante il periodo formativo si crea una relazione con ognuno di loro, si finisce per conoscere molte delle loro storie, si vivono le loro ansie. Le storie sono tante e tutte diverse tra loro. Le giovani donne hanno l’ansia e il dolore di non vedere crescere i loro figli, di non vivere la quotidianità.
Un giorno una delle detenute non voleva venire alla formazione perché aveva ricevuto una brutta notizia: c’era la possibilità che le venissero tolti i figli. Per fortuna, dopo qualche giorno, le è stato spiegato dal suo avvocato che aveva interpretato male la comunicazione, e tutto è rientrato”
Sono donne “piene di moltitudini”, ha scritto la Maugeri nel suo libro a proposito delle detenute
“Guardi, c’è anche l’ansia, una volta fuori, di dover fare i conti con il loro passato che sicuramente non tarderà a ripresentarsi. In tutte si sente la voglia di riscatto, un forte in desiderio di riprendere in mano la propria vita, di ridisegnarla senza delegarla a nessuno.
Donne forti e fragili nello stesso tempo?
“Purtroppo, ho potuto constatare, mio malgrado, che molte donne sono in carcere a causa dei loro uomini: mariti, compagni, padri. Le donne più forti a mio avviso sono quelle che scelgono ogni giorno di farcela. Sopravvivere alla condizione di carcerate richiede impegno e una grande motivazione. Riuscire ad alzarsi ogni giorno dal letto è la vera forza, e non è così scontato”
A conclusione di questa esperienza, ha ringraziamenti da fare a qualcuno in particolare?
“Vorrei ringraziare la Soroptimist per avermi coinvolto in questo progetto e per avere a cuore le donne e i bambini di tutto il mondo. Ringrazio tutti i formatori di Compagnia della Bellezza che hanno collaborato al progetto con tanta leggerezza e professionalità ma soprattutto con amore”
Però lei forse ci tiene ad un ringraziamento speciale
“Sì, è vero. Ho ringraziato in cuor mio i miei genitori, che non ci sono più da tempo, per avermi trasmesso valori importanti, quali l’onestà. Questa esperienza mi ha lasciato una grande consapevolezza che poco è meglio che niente. Ciascuno di noi può dare il proprio contributo, piccolo o grande che sia, la vita deciderà dove e come fare sbocciare profumati fiori o succosi frutti”