Di eccezionale valore universale.
Con questa motivazione ufficiale, il 21 giugno 2013, esattamente dieci anni fa come oggi, l'Unesco iscriveva il Mount Etna nella World Heritage List in base al criterio VIII tra i dieci indicati nelle Linee Guida operative per l'attuazione della Convenzione del Patrimonio Mondiale. Il comitato del patrimonio mondiale, allora riunito a Phnom Penh (capitale della Cambogia), aveva appena emesso con un consenso pieno ed entusiasta il suo verdetto sull'iscrizione del più alto vulcano attivo d'Europa. Proprio nel giorno del solstizio d'estate, dunque, l'Etna diventava finalmente Patrimonio dell'Umanità, realizzando in tal modo un ambizioso progetto nato vent'anni prima. Diventava così il quarto sito naturale italiano – dopo le Dolomiti, le Isole Eolie e il Monte San Giorgio – a fregiarsi dello straordinario riconoscimento.
OGGI ALLA SEDE DEL PARCO ASSENTE LA POLITICA
Questa mattina, nell'antica sede del Parco dell'Etna, l'ex Monastero Benedettino di San Nicolò La Rena a Nicolosi, alla presenza di quasi tutti i componenti del gruppo di lavoro che, coordinato dall'ing. Agata Puglisi, curò la trasmissione del dossier all'Unesco, sono stati ricordati i dieci anni di quel riconoscimento che l'organizzazione internazionale, per tre volte a seguito dei report periodici inviati dal Parco, ha confermato nel suo "eccezionale valore universale". A moderare l'incontro il giornalista Gaetano Perricone, per lungo tempo responsabile dell'ufficio stampa del Parco.
A parte Angelo Pulvirenti sindaco di Nicolosi e Martina Salvà funzionario direttivo dell'Assessorato regionale al Territorio ed Ambiente retto da Elena Pagana, nessun esponente della classe politica era presente all'incontro di questa mattina. Non sorprende affatto questa assenza, perché l'Ente Parco dell'Ente è caduto da tempo nel dimenticatoio. Non interessa più ai parlamentari regionali, è un peso per la burocrazia regionale, rimane tiepido e di facciata l'interesse del governo. Nell'immaginario collettivo, è perfino percepito come una sovrastruttura amministrativa che pone veti e vincoli e non favorisce la piena fruizione del territorio etneo. La verità è un'altra, spesso non conosciuta se non dai pochi addetti ai lavori.
DALL'INTUIZIONE DI RINO NICOLOSI ALLA LENTA AGONIA
Ridotta all'osso la dotazione di personale, appena una decina di unità, rispetto ad una pianta organica che originariamente prevedeva 140 persone; minimalista la governance attuale con Giovanni Laudani direttore reggente (spesso a Palermo per impegni di assessorato) e Vincenzo Spartà commissario straordinario; ridotto pure il budget annuale per le spese di funzionamento; con un carico di lavoro considerevole tenuto conto anche della gestione dei contenziosi con i privati per via delle autorizzazioni e dei rapporti con l'azienda demaniale forestale che sovrintende il territorio, l'Ente Parco dell'Etna – il cui "site manager" è il vulcanologo e studioso Salvo Caffo che ha concluso con un vibrante e appassionato intervento i lavori della mattinata – è ormai un lontano ricordo rispetto alla grande intuizione di Rino Nicolosi, che da presidente della Regione Siciliana lo tenne a battesimo con il decreto 17 marzo del 1987.
Al progetto di dare all'Etna un parco regionale, quando si discuteva se candidarlo a parco nazionale, diedero pure un importante contributo di idee e di azione fra gli altri Turi Lo Giudice, Sindaco di Linguaglossa, Nuccia Di Franco Lino fondatrice del Fondo siciliano per la natura e il dirigente regionale Bino Li Calsi che del Parco fu commissario prima e presidente poi. Allora, c'era davvero tanta gente illuminata e visionaria.
Dentro il Parco che si estende per quasi 60.000 ettari è ricompreso il sito naturalistico del Mount Etna che, esteso per quasi 20.000 ettari, dieci anni fa ottenne meritatamente il riconoscimento Unesco. Il sito però va mantenuto, curato e preservato, ma il Parco dell'Etna non ha competenze in materia né soprattutto personale addetto alla vigilanza. Di conseguenza, si mette così a rischio anche la stessa continuità del "marchio" Unesco, ma la politica tutta è davvero sorda senza distinzione di colore ed appartenenze. Un vero peccato.
BENEFICI PER IL TERRITORIO
Eppure, le esternalità positive generate da tale riconoscimento sono state straordinarie. E tutti ne hanno beneficiato a piene mani. Già negli anni immediatamente seguenti (2014-16), i flussi turistici nei comuni dell'area etnea (in primis Nicolosi con un +63,83% e Linguaglossa con +152,53%) si sono notevolmente incrementati e sono stati sostenuti da una crescita della ricettività di tipo familiare: B&B, case vacanze, agriturismi e affittacamere, quando ancora non era esploso il fenomeno Airbnb. Ma un po' ovunque l'accresciuta notorietà dell'Etna grazie all'Unesco ha favorito un fiorire di piccole e redditizie attività artigianali, commerciali e del settore della ristorazione. Ad esempio, il piazzale di Rifugio Sapienza a Nicolosi ha registrato e registra tuttora un boom di visitatori giornalieri.
La notorietà dell'Etna si è accresciuta grazie anche a tante pagine social spontaneamente nate su iniziativa di amanti, esperti, escursionisti ed appassionati del Vulcano – e tra queste si ricordano Etnei nel Mondo, Mongibella, Etna Walk, I Love Etna e tanti altri.
Si discute ancora oggi se l'Etna sia un brand oppure no e le posizioni di esperti, accademici, studiosi ed operatori della comunicazione sono divise. Sicuramente la notorietà dell'Etna è financo superiore alla riconoscibilità delle Dolomiti che sono, come il vulcano, un altro sito riconosciuto nella World Heritage List, ma con un brand molto distintivo dal punto di vista del marketing e del merchandising. D'altro canto, pensare che l'Etna possa diventare una potente macchina da soldi è un po' ardimentoso. E spieghiamo il perchè.
ETNA, UN BENE COMUNE
Il sistema Etna ricade dentro un Parco regionale e a sua volta in esso è ricompreso il sito naturalistico Unesco. La salvaguardia del patrimonio naturale deve fare i conti con alcuni limiti alla sua piena fruizione. Quest'ultima deve essere intelligente e sostenibile per far sì che si possa sviluppare anche l'economia locale ma senza degradare il paesaggio e l'habitat naturale. Soprattutto senza arricchire ulteriormente chi sull'Etna vuol crearsi posizioni di rendita economica, magari esibendo evidenze di investimenti e crescita occupazionale, ma dimenticando che il Vulcano è innanzitutto un bene comune. Cioè, di tutti. Ma i "tutti" però dovrebbero amarlo di più, perchè solo così un sito di straordinario valore può considerarsi bene comune.