.Professore ordinario di economia politica dell’università di Catania, Maurizio Caserta è un fine intellettuale e un raffinato interlocutore, ma soprattutto un mite con le idee chiare. La nostra chiacchierata ruota intorno al suo ruolo di capo dell’opposizione al Consiglio comunale di Catania.
- Professore, per ben due volte lei è stato candidato dal fronte progressista catanese a sindaco della città. Non è stato eletto nonostante le attestazioni di fiducia e di stima da parte di tantissimi cittadini. Dove sta la falla?
“In verità la prima candidatura era una proposta indipendente. Solo quest’anno c’è stata una convergenza di tutto il fronte progressista. Mah, una prima ragione potrebbe risiedere proprio nel candidato. Potrebbero aver fatto la scelta sbagliata. Se invece vogliamo fare una valutazione politica, possiamo dire che l’offerta politica progressista non è stata sufficientemente chiara e coerente. Un problema che riguarda anche la Destra, ma forse in misura minore”.
- Non è un problema nuovo, la Sinistra inciampa sempre in questa mancanza di coerenza, non crede?
“La coerenza va richiesta su tutte le dimensioni: tra le forze e tra le idee dello schieramento, tra i programmi e la capacità di realizzarli. Conosciamo tutti bene le difficoltà del rapporto tra Partito democratico e Movimento cinque stelle. La coerenza tra programmi e loro realizzazione è un problema che riguarda tutti, la destra lo sta vivendo proprio in questi mesi. L’aspetto più preoccupante è invece quello della linearità interna dell’offerta politica. Credo il fronte progressista debba fare ancora alcuni passi importanti. Deve coniugare le esigenze di crescita economica con quelle di riduzione delle disuguaglianze. Potrebbe sembrare che i due obiettivi siano incompatibili. La vera sfida, ancora lontana dall’essere vinta, è proprio quella di renderli compatibili. Ciò si manifesta non solo a livello globale, ma anche localmente nelle città”.
- E tutto questo che effetti può a livello locale?
“Catania è caratterizzata da fortissime disparità sociali, visibili nel confronto tra quartieri. Qui il problema è evidente in tutta la sua drammaticità: come si coniuga la crescita del territorio con la riduzione delle diseguaglianze? Faccio un esempio: quando è stato smantellato il reddito di cittadinanza, si è andati avanti senza guardare indietro, non si è di pari passo affrontata la situazione degli effetti di quella misura su quel rapporto tra crescita e diseguaglianze”
- In questo quadro, dove finisce la responsabilità del sindaco e quella del sistema?
“È un’altra questione enorme. Non è facile tracciare confini e probabilmente non si può, ma chi ha responsabilità politica deve trovare la misura, usare tutti i mezzi che sono nelle sue possibilità per dare garanzie politiche e occasioni di miglioramento e di riscatto”.
- Il sindaco e l’amministrazione comunale hanno diverse incombenze altrettanto importanti su cui lavorare, è d’accordo?
“Certo. Ma ho l’impressione che siano sordi al dolore degli altri. In questi giorni, con la tragedia Mediorientale, la vicenda del dolore è riemersa con tutta la sua carica, ma è come messa da parte, non si capisce, o si fa finta di non capire che il punto è proprio questo: se non si comprende la sofferenza altrui non si possono sviluppare politiche di aiuto. E questo vale a Gaza, ma vale anche a Catania. La persona in difficoltà, che può anche essere l’abusivo, lo spacciatore, il parcheggiatore (ai quali va sempre applicata la sanzione corrispondente) palesa un disagio, un dolore appunto che va compreso”.
- Non dovrebbe essere il ruolo della Sinistra?
“È compito di tutti. Dobbiamo prestare attenzione non soltanto a parole, ma mostrando comprensione anche quando ci sono comportamenti illegali. Che vanno condannati e puniti, ma va capito che sono a volte la spia di qualcosa di più profondo. È sempre molto difficile stabilire il confine tra responsabilità individuale e responsabilità di sistema. È un’operazione che richiede equilibrio e saggezza, che non sempre ritroviamo tra noi”.
- Si riferisce a qualcosa in particolare?
“Poco tempo fa l’amministrazione comunale ha sviluppato a un’azione dimostrativa che a mio avviso non è servita a nulla: andare al Mercato delle pulci e colpire alcuni operatori abusivi. Lo ripeto fino alla noia: le leggi e le regole vanno fatte rispettare sempre. Ma non si può chiudere gli occhi sul fatto che spesso le sanzioni sono inutili; forse bisogna andare più a fondo e capire le ragioni di comportamenti irregolari o illegali. È quel difficile confine tra responsabilità individuale e responsabilità di sistema che va sempre fissato con saggezza ed equilibrio”
- Converrà che delle regole siano necessarie?
“Certamente sì. Ma è legittimo chiedersi se quelle regole sono giuste ed efficaci, ed eventualmente adoperarsi per cambiarle. Ed è importante chiedersi se la loro applicazione non produca più danni che benefici. Spesso lo slogan ‘legge e ordine’ proprio della tradizione delle destre viene interpretato solo come bisogno di punizione”.
- Quale sarebbe secondo lei l’approccio giusto?
“È molto semplice. Lo dice la Costituzione: a tutti va data la possibilità di partecipare alla vita economica e sociale rimuovendo tutti gli ostacoli che ne impediscano la partecipazione. Le amministrazioni comunali hanno il compito di rimuovere alcuni di quegli ostacoli. Alcuni esempi: a) bisogna garantire a tutti le forniture essenziali: igiene, acqua, energia; b) bisogna assicurare capacità di movimento sul territorio; c) bisogna aiutare le famiglie a gestire le fragilità familiari. Quando queste condizioni mancano e sorgono gli ostacoli, non bisogna stupirsi se diventa difficile seguire le regole”.
- Ritiene che non ci sia attenzione al disagio sociale?
“Direi che è poco considerato”.
- Cosa bisognerebbe fare?
“Rimuovere quegli ostacoli: accertarsi che tutti i bambini vadano a scuola e abbiano magari un pasto gratis, che è uno dei modi per arginare la dispersione scolastica - Catania è tra le città più colpite da questa piaga-; poi che i mezzi pubblici funzionino, che gli uffici siano efficienti, che la gente viva con chi vuole, si pensi a quanti, per tematiche di genere vengono esclusi e discriminati. Noi, in quanto forze politiche di opposizione dobbiamo vigilare su tutto questo e operare perché si eliminino queste distorsioni”.
- Servono doti di coraggio e coerenza, non le pare utopistico?
“Il coraggio e la coerenza non possono essere un’utopia. Stiamo attraversando una crisi globale di proporzioni enormi. La sentiamo nelle nostre città, nelle nostre case. Il coraggio serve per non asserragliarsi entro i confini delle proprie case e dei propri paesi. La coerenza serve per guardare i fatti sempre con gli stessi occhi”.
- Da come descrive questi fatti sembra che siamo di fronte a un’emergenza, o sbaglio?
“È proprio così. La politica richiede l’indicazione di priorità, ossia cosa è più importante in alcuni momenti storici. Ci sono fasi in cui le cose veramente importanti diventano chiare agli occhi di tutti. Non si possono avere dubbi sul fatto che Catania è caratterizzata da profondissime diseguaglianze sociali, economiche, politiche e culturali. È lì che le risorse a disposizione devono andare”.
- Il sindaco Trantino ritiene che per alcune zone della città sarebbe necessario un piano Marshall, è d’accordo?
“Un ‘Piano Marshall’ lo abbiamo già: è il PNRR. La questione è che questi fondi non sempre vengono utilizzati perché i criteri di assegnazione e di spesa sono assai stringenti. I Comuni hanno un ruolo da protagonisti in questa grande politica europea. Non possono sprecare questa occasione.
Chi abita nel centro di Catania vive una città moderna con teatri, cinema, ristoranti, pub; le periferie ne vivono un’altra. San Cristoforo, ha una sua vivacità, ma è del tutto diversa da quella che si trova in via Etnea o in Corso Italia o al Lungomare, così come diversi sono i quartieri di Librino, dove non c’è nulla, e San Giovanni Galermo, Angeli custodi, Monte Po, qui la qualità dei servizi è ridotta a zero. Compresi i collegamenti che sono minimi. Fino a qualche tempo fa a Catania c’erano diciassette centri di quartiere, adesso soltanto quattro. È un dato eloquentissimo che non va neppure commentato. Le risorse del PNRR hanno lo scopo di far riprendere il cammino alle economie nazionali e locali. Quel cammino va ripreso coinvolgendo tutti, dotando tutti delle opportunità per partecipare alla ripresa. Quelle opportunità passano da cose molto concrete: scuola, igiene, acqua, energia, mobilità, sicurezza. Le amministrazioni comunali hanno compiti importanti in questi campi”.
- Lei crede che la questione nodale siano le disuguaglianze?
“Proprio così. Sono il problema da affrontare su cui l’amministrazione deve lavorare, perché tanti cittadini vivono una condizione di disagio pesantissima, e se non si offre quel minimo di spazio vitale, non ci si può lamentare se ci sono implicazioni sociali negative. Servono azioni mirate. Se curiamo questo aspetto, mettiamo in moto un processo virtuoso che riempirà il sistema di economia sana”.
- Che allo stato invece è minima. Le casse del Comune sono messe molto male…
“Siamo dissestati perché la gente non paga, e non paga perché non ha i soldi, non ha i soldi perché non lavora, quindi come vede torniamo al punto di partenza; occorre fare, che le parole non sempre funzionano”.
- È vero però che tanti catanesi sono riluttanti al rispetto delle regole con la logica che devono fare fesso l’altro, non avvertono i problemi della città come propri, ma come cosa di altri. Un esempio è la raccolta differenziata che non decolla…
“La gestione dei rifiuti è la vera grande urgenza della città, da tutti percepita come tale. È una delle cose più complicate da risolvere. Tutti hanno delle responsabilità: le famiglie, l’amministrazione, le imprese fornitrici del servizio di raccolta, chi ricicla, chi gestisce le discariche. Dappertutto si annidano rendite, ossia vantaggi, piccoli e grandi, che non spettano. Forse questo è il vero nodo della città. Aver trasformato le azioni pubbliche in affari. E se gli affari non sono convenienti, non si fanno. Sono molti gli esempi in città di azioni pubbliche che non si mettono in campo perché l’affare non è conveniente. Basti per tutte la vicenda incredibile di Corso Martiri, o l’impossibilità di trasformare la Plaja di Catania in una grande attrazione turistica”.
- Però negli ultimi anni Catania è cresciuta anche sul piano del turismo. È un bel traguardo, le pare?
“Questa è una città affascinante, vivace, vitale, si fa tardi, si vive, si mangia bene, e questo è il nostro punto di forza. Ma i turisti si fermano poco, e anche questo va detto, non facciamo sempre una gran bella figura, basti pensare al caos cittadino, alle soste selvagge, al disordine che regna sovrano, alla iniquità di un soggetto come Sostare che può sanzionare chi non paga il ticket ma non può multare chi occupa il marciapiede”
- Qual è la ricetta se c’è?
“Coinvolgere nei processi economici e sociali tutti quelli che possono parteciparvi. I tassi di occupazione nell’isola sono sensibilmente inferiori a quelli delle regioni del nord. Insomma pochi e poche hanno un lavoro. Dovremmo fare in modo che coloro i quali vivono ai margini possano entrare nel mondo del lavoro in modo che portino la loro freschezza e il loro contributo, che si tradurranno in immediata ricchezza per la città. La strada passa dalla creazione di un ambiente economico attraente per il lavoro e per il capitale. La creazione di quest’ambiente è anche responsabilità dei Comuni.”