Ho scritto centinaia di articoli sull’Amatori. E non solo facili cronache di partite con sconfitte o vittorie così come accade nello sport, ma anche su quella che era, anzi è ancora l’idea Amatori (così la definisce Luciano Catotti). Dalle riunioni nella sede mobile, la 500 color nocciola dello storico presidente Santino Granata dove sedevano anche Benito Paolone e Lino Castagnola a un articolo scritto durante i miei anni veneziani (Il Gazzettino) quando mi arrivò la notizia che il Presidente Granata era stato sostituito dall’ex sindaco di Catania Micale. E allora parafrasando lo slogan di un amico catanese scrissi un articolo dal titolo “L’Amatori muore e Micale se ne fotte”. E con l’Amatori nel bene e nel male ho avuto un rapporto che è andato sempre al di là del semplice giornalismo. Sì, ha ragione Luciano Catotti: “L’Amatori è un’ idea, uno stile di vita”. E invece oggi cosa succede? Qualcosa che è quasi impossibile da raccontare. Anzi no, una parola c’è: un casino. Leggo, su La Sicilia di mercoledì, una intervista col presidente, ex grande giocatore del grande Amatori, Totò Trovato, della società Amatori 1963 (dove 1963 stata per la data di nascita della primo club) che ha dovuto rinunciare a partecipare al campionato di serie B per la mancanza di un campo dove poter giocare le partite interne. Il Benito Paolone è al momento inagibile, chiuso per motivi di sicurezza. Mancherebbe, secondo Totò Trovato, il certificato di messa a terra dell’impianto elettrico senza contare le condizioni più che precarie del terreno di gioco. Niente campo niente partite. Niente partite niente Amatori. Sembra semplice perché è proprio qui che comincia quello che ho definito un casino. La prima grande società Amatori (Club Amatori Sport Catania), ci dice Luciano Catotti, è stata ufficialmente chiusa nel 2013 subito dopo la morte di Benito Paolone. Ma chiusa la società si voleva continuare con un sodalizio ex novo in grado di portare avanti “quell’idea”. Ex giocatori, soprattutto loro, si misero insieme e si cominciò tutto di nuovo. C’era poco tempo, appena 24 ore a disposizione e si rimandarono le affiliazioni dei vecchi giocatori a un secondo momento. E quel secondo Amatori (Amatori Rugby Catania), lo ricorderete, raggiunse anche la serie A risvegliando entusiasmi catanesi che sembravano sopiti con le tribune del Paolone di nuovo piene e tutti a sostenere la squadra con il grido di battaglia “arriba arriba Amatori”. L’allenatore era Enzo Vittorio stroncato da un infarto arrivato troppo presto per la sua giovane età. Presidente Riccardo Stazzone. E nel frattempo ci lasciavano anche altri giocatori: Paolo Licandro, Franco Di Maura, Natale Lucchese, Gianni Mignemi, Alfio Gullo. Tutti grandi dell’Amatori e quando scrivevo di loro per ricordarli non facevo certo differenze tra il primo Amatori e il secondo. Erano, e per sempre lo saranno, giocatori dell’Amatori. E verrebbe da cantare: “un Amatori, c’è solo un Amatori”. Ma non è così. Le affiliazioni dei vecchi giocatori vennero sempre rimandate e tutti, quasi tutti, cominciarono a voltare le spalle sentendosi rifiutati . L’idea è vero rimane sempre una, ma le carte, dannate carte, dicono altro. Anche il secondo Amatori infatti una volta persi gli sponsor si avviò lentamente verso il fallimento. E così fu. Niente più Amatori quindi? Ed ecco il terzo tentativo Amatori 1963 presidente Totò Trovato. E siamo alla cronaca recente. Rinuncia al campionato di serie B per i motivi che abbiamo già detto. In effetti l’agibilità del campo Benito Paolone era stata affidata dal Comune a un consorzio affidato al Cus Catania, Amatori rugby, Elephants e una società di soccer. Morale della favola? Nessun Amatori giocherà in un campionato nazionale. Ed è questa la verità. Ed è davvero difficile pensare a una quarta società che non farebbe che aumentare il casino. Ha ragione Catotti. Teniamoci l’idea Amatori, quella voluta da Santino Granata, Benito Paolone, Lino Castagnola, Turi Giammellaro. Lavorare con i ragazzini, con i giovanissimi: questo sì sarebbe una politica in linea con “l’idea Amatori”.