Sono quasi 25 anni che ‘La Pietà’ di Nicola Piovani, con i versi di Vincenzo Cerami, gira per il mondo aggiungendo una moderna reinterpretazione dell’antica sequenza di Jacopone da Todi, lo ‘Stabat Mater’, ai grandi capolavori del passato, dal Gregoriano al Palestrina, da Scarlatti a Vivaldi, da Pergolesi a Rossini fino a Perosi e Penderecki…
Nello Stabat Mater per due voci femminili, voce recitante e orchestra di Piovani, i bellissimi versi di Cerami si sovrappongono alla originale sequenza in latino, estendendo l’immagine della Madonna piangente ai piedi della croce del figlio a tutta l’umanità, attraverso la dolente ‘storia’ di due madri: ambedue piangono il proprio figlio morto. La prima madre (voce di soprano), in un paese opulento e consumista, ha visto suo figlio ucciso dalla droga, vittima di una società smarrita nei miti sbagliati del benessere e nella perdita del sentimento della trascendenza.
La seconda (voce soul) ha perso il figlio ucciso dalla fame: la carestia di un paese del terzo mondo non ha risparmiato il ragazzino che si è smagrito, ha mangiato la terra e davanti agli occhi di lei si è spento.
Due madri addolorate, due cause di morte opposte, ma vittime dello stesso modello di sviluppo planetario.
La prima versione, nata nel 1999, fu concepita per piccola orchestra e rappresentata ad Orvieto e poi a Betlemme, Tel Aviv, Roma (nel 2000 per celebrare il Giubileo) e Siracusa. Nel 2018, in occasione del 90° anniversario della Stagione sinfonica del Maggio Musicale Fiorentino, Piovani ha realizzato una seconda versione riorchestrata per grande orchestra sinfonica, la stessa che il Teatro Bellini di Catania ha proposto in questi giorni nel corso della Stagione di Concerti 2023/24.
La Pietà si articola in sei movimenti che delineano come delle ‘stazioni’, apparentemente autonome ma, in realtà, estremamente coese, grazie soprattutto alla musica, al tessuto strumentale ricchissimo di colori, spesso struggenti, che recano l’inconfondibile cifra stilistica di Piovani. In verità troviamo che il confine di genere, nel compositore romano, sia labilissimo; in lui una Cantata, una colonna sonora, un sestetto d’archi, perfino una canzone, vengono affrontati sempre allo stesso modo, senza preclusioni. Così echi classici, influenze jazz, accurate strumentazioni possono coesistere così come gli esecutori possono convivere pur provenendo da diversi mondi; come è il caso di questa Pietà, in cui vengono affiancate due voci diversissime, quella soul di Amii Stewart e quella ‘classica’ di soprano di Desirée Rancatore; la scrittura vocale acquisisce forza proprio da questo apparente contrasto che è rappresentativo, concretamente e anche simbolicamente, di due diversi contesti sociali. Ma il dolore delle due madri è lo stesso così come lo è quello di tutte le madri del mondo cui tocca l’immenso dolore di sopravvivere al proprio figlio. L’acme emotivo viene raggiunto nel 5° movimento quando le due voci si alternano e poi si fondono nell’intonare una struggente ninna nanna “Dormi, dormi” ; alla calda e brunita voce di Amii Stewart, ricca di suggestivi armonici, si aggiunge e intreccia quella di Desirée Rancatore, lucente e morbidissima nel piegarsi a delicate filature. Due interpretazioni esemplari. Dal canto suo l’attore Sergio Rubini lega e guida i vari momenti con una recitazione assai partecipe, accorata, fino all’inserimento finale dello Stabart Mater durante il quale le due donne potranno sciogliere in pianto il loro dolore in cerca di conforto. Si ode ancora l’ossessiva e reiterata invocazione della donna nera al proprio figlio: “Mamaiè, Mamaiè, Mamaiè…” sostenuta dalle struggenti note acute dalla madre bianca. Poi il silenzio.
Magnifica anche la prova dell’Orchestra del Bellini, guidata con emozionante passione dallo stesso Piovani; ed è un torrente di applausi.