Si è da poco concluso il XVII congresso regionale della Cgil Sicilia che ha riconfermato alla guida il segretario generale uscente Alfio Mannino. Il sindacato si muove quindi nel segno della continuità. Per rinfrescare i temi caldi e non perdere di vista gli obiettivi, Mannino sottolinea che “ Ci troviamo in un momento storico particolarmente difficile. Nella nostra realtà vi sono delle fratture che alimentano una drammatica precarietà economica, sociale e democratica come non mai negli ultimi settant'anni. Prima la pandemia, poi la guerra, in più le disuguaglianze che ci sono sempre state ma ora sono ancora più accentuate, tutto questo alimenta riflessi negativi che viviamo e sperimentiamo tutti, anche noi siciliani.
In queste ultime settimane si sta tanto parlando di autonomia differenziata, qual è il vostro punto di vista?
Purtroppo, a quanto pare, il Mezzogiorno viene sempre lasciato a sé stesso, e le classi sociali più povere, anche. Penso che la battaglia sindacale vada spostata su un orizzonte più ampio fino a diventare lotta politica, culturale, per il lavoro e i diritti dei giovani, delle donne, di chi è più in difficoltà, per la difesa e la conferma di tutti quelli che sono i valori democratici della nostra Costituzione. Una nazione come l'Italia, che ha squilibri territoriali così marcati, non può permettersi di incrinare ancora di più l’unità dello Stato, lasciando ai livelli locali il compito di superare gli squilibri. Non possiamo consentire ulteriori differenziazioni. Il sud non reggerebbe. Andare avanti lungo la strada dell'Autonomia differenziata equivale a rendere ogni regione padrona del suo territorio e del suo destino, senza legami con i destini nazionali e senza corresponsabilità sui compiti di riduzione dei divari tra i cittadini dello stesso Paese. Il decreto recentemente approvato prevede un valzer di competenze, ed elenca ben 23 materie in cui si mescolano la gestione di settori economici, con la tutela dei diritti fondamentali (la salute, il lavoro, l’istruzione), con inaccettabili garanzie diverse da una regione all’altra.
Una vera e propria emergenza sociale, soprattutto qui in Sicilia, è la mancanza di lavoro con il conseguente disagio economico e sociale di tante famiglie. Come si può risolvere?
I recenti dati sull’occupazione delle donne, dei giovani e del Mezzogiorno in generale, nella loro crudezza, sono la fotografia nitida di una vera e propria emergenza sociale. A nostro modestissimo avviso, le recenti scelte del Governo su salari, fisco, contrasto alla precarietà, politiche industriali e qualità dei servizi pubblici non sono state finora un’adeguata risposta all’emergenza. Cosa grave è che, per finanziare certi provvedimenti, si sta cercando di fare cassa tagliando la rivalutazione delle pensioni e riducendo la spesa per il contrasto alla povertà.
Qual è la vostra ricetta per il lavoro e per lo sviluppo della Sicilia?
Il rilancio dei settori produttivi sempre in un'ottica di sostenibilità ambientale. Un progetto che punta alle riforme e a tutte quelle riorganizzazioni necessarie per spingere il welfare, la sanità e la scuola, con un piano del lavoro in grado di affrontare le fratture e le diseguaglianze generazionali, di genere e territoriali, che nella nostra regione sono assai presenti e a cui bisogna dare risposte subito.
Un altro tema sempre attuale è quello delle morti sul lavoro.
Non è accettabile che in Sicilia si verifichino ogni giorno in media una quarantina di incidenti sul lavoro, per non parlare delle morti, 50 solo nel 2022, e che vi siano solamente 63 ispettori del lavoro. Qui non è stata recepita la riforma del settore che ha istituito l’Ispettorato nazionale del lavoro restando così in sospeso il protocollo d’intesa per l’impiego di ispettori già vincitori del concorso statale nella nostra regione.
Quando si parla di disoccupazione c’è chi pensa sia causata dalla presenza di manodopera straniera, per cui i nostri giovani sono costretti ad emigrare altrove. È davvero così?
No, non è affatto così: se i nostri giovani vanno via non è perché qui abbiamo gli stranieri che rubano il lavoro. L’unico lavoro che hanno gli immigrati è quello sottopagato, sfruttato, quello che costringe a lavorare dalle 12 alle 14 ore al giorno, con salari miseri e senza diritti. Il trattamento riservato ai migranti è l’emblema di una pericolosa deriva verso cui si cerca di spingere il nostro Paese ed alla quale, come Cgil, ci opporremo con tutte le nostre forze restando sempre al fianco delle persone, dei poveri, dei naufraghi, di chi chiede aiuto e scappa da guerre, fame e miseria.
Quali prospettive di sviluppo ha la nostra Isola, se ne ha?
Rilanciare l'economia della Sicilia significa puntare su ciò che la può rendere attrattiva e competitiva. Significa puntare su innovazione, ricerca, sostenibilità ambientale, rilancio dei settori agroalimentare, manifatturieri e del turismo, che costituiscono i tre cardini principali su cui basare lo sviluppo anche con il coinvolgimento delle università, degli istituti di ricerca e delle imprese che producono tecnologie. Non tutti sanno che l'agricoltura siciliana è al secondo posto per valore aggiunto ai prezzi di base, mentre l'industria alimentare siciliana per produzione, commercializzazione e trasformazione è solo al 6° posto. Occorre sviluppare un sistema industriale in cui cambi il modo di produrre, distribuire e consumare a partire dall’energia.
E poi?
E poi bisogna guardare anche al turismo come ad una grande industria che non può essere scollegata dai suoi beni culturali. Serve un piano industriale che comprenda infrastrutture, servizi, formazione, programmazione e marketing. Purtroppo, oggi siamo fermi nell’offerta del turismo termale, con i grandi stabilimenti di Sciacca e di Acireale bloccati nelle mani degli enti locali e della Regione. Così come va rilanciato il turismo montano e naturalistico, partendo dal sito Unesco dell'Etna come attrattore, per la sua unicità in Europa, legandolo alle specificità dei parchi regionali. Immaginiamo che ad un progetto incentrato sulla bellezza, con laboratori di restauro, botteghe d’arte, artigianato, edilizia, si aggiunga il censimento di tutti i monumenti, chiese, palazzi storici, monasteri, conventi, della regione da restaurare e rendere fruibili ospitando anche spettacoli ed eventi culturali.
Tutto molto bello, ma per fare tutto questo è necessario un adeguato sistema di vie di comunicazione che manca…
A tal riguardo pensiamo occorra una riforma complessiva di tutto il sistema aeroportuale siciliano, immaginare un ente gestore unico per i sei scali aeroportuali della nostra isola che possa ottimizzare le risorse ed eliminare gli sprechi, aumentando anche il potere contrattuale con le compagnie aeree per abbattere i costi. Quello del caro tariffe, per esempio, è un problema annoso, con i costi dell’insularità che vengono scaricati interamente sui cittadini, e a questo bisogna porre rimedio.
E per quanto concerne la sanità?
Bisogna invertire il progressivo smantellamento della rete dei servizi pubblici sociosanitari che in questi ultimi anni è stato una costante nelle politiche dei governi nazionali e regionali. Abbiamo ospedali che stanno per chiudere in diverse province siciliane, interi reparti smantellati, terapie intensive che dovevano essere pronte addirittura entro il 31 dicembre del 2021 e che ancora non sono state completate, pronti soccorso in ristrutturazione e mai del tutto operativi e liste d’attesa difficilmente abbreviabili; di contro una lunga e costante tendenza ad affidare al privato la gestione della sanità pubblica. È indispensabile investire nella sanità pubblica in tutte le sue articolazioni, a partire dal personale: dagli ausiliari agli infermieri, ai medici specializzati, agli amministrativi, aumentando anche i posti in ingresso per i test universitari di medicina e professioni sanitarie, così come urge utilizzare le risorse a disposizione per stabilizzare il personale precario attraverso le attuali procedure legislative. Purtroppo, è ancora troppo frammentario e del tutto insufficiente anche l’intervento a favore dei disabili.
Un altro nodo importante è la scuola. Secondo i dati pare che gli studenti del Nord abbiano maggiori opportunità rispetto a quelli del Sud. Com’è possibile?
La Sicilia, con il suo 21 per cento, detiene la maglia nera della dispersione scolastica. Se a ciò si aggiunge il dato percentuale sconfortante (appena l’8 per cento) sul tempo pieno nella scuola primaria, che si traduce in circa 2.145 ore di tempo scuola in meno per i ragazzi siciliani rispetto ai loro coetanei del norditalia, il quadro d’insieme diventa veramente allarmante. Gli studenti siciliani hanno non solo diritto ad un'istruzione di qualità e di livello uguale a quello del resto dei ragazzi del nord del Paese, ma soprattutto il diritto ad un'istruzione in luoghi idonei e sicuri.
Purtroppo, la Sicilia nel mondo è conosciuta anche per altre cose che ne bloccano lo sviluppo, come la criminalità organizzata...
Il contrasto alle mafie, la battaglia contro la corruzione per affermare la legalità a tutti i livelli devono sempre essere alla base nel nostro agire quotidiano. In questi anni la criminalità organizzata ha dimostrato una grande capacità di pervadere ampi settori dell’economia isolana: dalla sanità ai rifiuti, dall’agroalimentare alle rinnovabili e, usando la spalla della corruzione, ha condizionato, se non addirittura di orientato, scelte nelle amministrazioni pubbliche.
E quindi?
Servono meccanismi di controllo sociale che evitino questi rischi. Da qui la nostra proposta di un “protocollo di intesa su legalità e appalti”, presentata quasi un anno fa e rivolta alla Regione, agli enti locali e a tutte le stazioni appaltanti, per una contrattazione d’anticipo sui bandi, per assicurare trasparenza e legalità a partire dal lavoro. Partendo dalla normativa esistente, la Cgil ha predisposto un testo che punti a “superare le insufficienze nell’applicazione delle misure”. Controllo sociale, dunque, e percorsi condivisi da parti sociali e istituzioni, per centrare gli obiettivi di sviluppo dei finanziamenti pubblici e produrre buona occupazione. Bisogna impedire gli arricchimenti illeciti della mafia, evitare che si infiltri nell’economia, bloccare tentativi di appropriarsi di risorse pubbliche e di fondi europei.
C’è pure una Sicilia fatta di volontariato, associazioni e movimenti che quotidianamente lavorano in silenzio per il bene della collettività, soprattutto per le categorie più fragili.
Sì, e tutte queste voci, tutte queste energie che esprimono fiducia, speranza e voglia di cambiamento abbiamo il dovere di ascoltarle, di rappresentarle, di interpretarle. Bisogna smuovere le acque stagnanti di una politica che ha perso, anche a sinistra, la capacità di confrontarsi in concreto con i problemi veri della società, delle sue fasce più deboli, con la necessità di dare alla nostra isola una prospettiva credibile e concreta di sviluppo reale e sostenibile.