“Questo è un giorno triste per il Paese, esclama un’avvilita Debora Serracchiani, componente il vertice del PDI. Le fa eco un cadaverico Enrico Letta.
È la chiave della sconfitta di una sinistra spocchiosa, presuntuosa, inconcludente e teatrale.
Oltre all’oltraggio che viene sferrato contro la sovranità popolare che si è permessa di mettere all’angolo un partito usurpatore, che, in undici anni, con l’esclusione solo di uno, ha potuto governare l’Italia, perdendo le elezioni. Perché così vuole la Storia: non ha mai vinto.
Allora, abbandonando la brutta categoria dei menagrami, lasciamo la “cucca” e soci sull’albero del pianto, e, senza trionfalismi osserviamo: a memoria repubblicana non è mai successo che un partito con la dote iniziale dell’1,89 sia riuscito a pervenire alla vertigine del risultato del 26%.
La coalizione composta da oltre due forze politiche, assemblando i rispettivi voti, è minoritaria nei confronti di “Fratelli d’Italia”.
Come in ogni evento, c’è una morale.
Onore al trionfo da tutti riconosciuto, anche da molti giornali nemici, e, senza sbornie facili dopo tanto successo, consideriamo le difficoltà maggiori per la navigazione del nuovo governo.
Gas, elettricità, bollette sono il masso che ostruisce la porta della politica, mai sperimentata sinora, con una donna giovane, geniale e di fortissimo temperamento al timone con le insegne della destra.
Giorgia viene da scuola di sacrifici, da perdite umane, da violenza bestiale, a volte bilaterale.
E’ corazzata.
Sa essere entusiasta e ponderata e sa come affrontare l’Europa, inutilmente mobilitata contro.
E’ un vento impetuoso e giovane che avvolge le speranze di tanti Stati, incarnanti la destra, a cui la vicinanza di una “novità” illuminata e moderna può dare utile bilanciamento per qualche eccesso programmatico.
Dopo tanta arsura, nessuno vuole farla rimpiangere imprecando alla pioggia.
I partiti della coalizione vantano sufficiente cultura politica per adattarsi alle nuove situazioni interne, coordinandosi.
In cima al monte sta l’Italia, dalla destra ininterrottamente amata e servita.
Infine, non basterà dire e non fare: cominciamo dagli ultimi, primi nella disperazione.
L’inventore della supercazzola “Abbiamo sconfitto la povertà”, rimasto fuori dal Parlamento, Di Maio cioè, girovagherà disperato e solitario. Conte ha, invece, motivo di brindare, cultura dell’assistenzialismo, a parte.
Se vuole compagnia, Gigino, citofoni a Enrico Letta, presto, anche se non ci interessa, anche lui disoccupato.